La vita nelle carceri tra detenzione e impegno sociale

Posted by on 21 Gennaio 2018

Nell’ambito del progetto “La vita nelle carceri tra detenzione e reinserimento sociale”, relativo alle competenze di cittadinanza e costituzione, gli studenti delle classi 4A del liceo economico-sociale, 4A del liceo scientifico sportivo e 5C del liceo scientifico “Salutati” hanno partecipato a due appuntamenti molto interessanti e coinvolgenti: il primo lo scorso 8 gennaio, in cui hanno assistito in aula Gamma alla proiezione del film del 2012 “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani, il secondo il 12 gennaio, quando hanno potuto incontrare il vescovo di Pescia, monsignor Roberto Filippini, rettore del seminario arcivescovile pisano e precedentemente cappellano nelle carceri “Don Bosco” di Pisa.

La proiezione del docu-drama, che narra la messa in scena del "GIULIO CESARE" di Shakespeare all'interno del Carcere di Rebibbia da parte di alcuni detenuti della sezione Alta Sicurezza, ha dimostrato come la teatralità, nella sua dimensione meta teatrale, possa essere fortemente terapeutica e possa dare la possibilità all'attore di parlare di sé attraverso la profondità della finzione scenica, mettendo a nudo le proprie passioni che altro non sono che quelle di tutti gli uomini. La scelta del film dei fratelli Taviani ha dato la possibilità di far cogliere l'umanità dei detenuti e di costruire un approccio credibile e autentico con l'universo carcerario di cui spesso ci si dimentica e che, generalmente, viene disprezzato.

Nella seconda tappa, a conclusione di un intervento educativo-didattico affrontato nell’ambito delle lezioni tenute in aula dai professori Iolanda Cosentino, referente del progetto, Fabiano Fedi e Marco Sarti, docenti di religione, i ragazzi hanno approfondito le tematiche affrontate dal film insieme al Vescovo di Pescia. Questo, disegnando alla lavagna la piantina del carcere “Don Bosco” di Pisa, ha reso i ragazzi testimoni di una realtà  sicuramente negativa, gravida di un futuro silenzioso, quello di chi, dentro il carcere, ha costruito la sua redenzione ed il suo riscatto sociale. Ha raccontato anche di detenuti che  si sono perduti per sempre, ma questo ha solo spronato i presenti a diventare cittadini attenti a queste umane tragedie. 

Grazie alla lettura di alcune lettere portate da monsignor Filippini,  gli studenti sono entrati in contatto con il grigiore, con i rumori e con l’affollamento di una prigione, che da troppi viene considerata come un luogo piacevole in cui si trovano addirittura dei confort. Respirare tale realtà in modo diverso ha portato alla riflessione relativa alla funzione del carcere. Laddove la maggior parte delle persone risponderebbe che essa serve ad allontanare i criminali dalla società, isolandoli, i liceali del Salutati ora potranno chiarire che esiste un’altra funzione, ovvero quella rieducativa, per permettere a coloro che ora stanno dietro le sbarre di cambiare vita e di godere della possibilità di non ricadere negli errori passati.

L’obiettivo comune a tutte le fasi di realizzazione del progetto è stato quello di aiutare gli studenti ad andare oltre ai pregiudizi, calandosi, attraverso il racconto,  dall’altra parte del muro.

La professoressa Cosentino ha dichiarato che per tutti, docenti ed allievi, è stata una piccola grande epifania di Luce e Verità.

 

                                                                                                                                                                             (Lorena Rocchi)

 

 

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