Quali erano le condizioni di vita dei lavoratori della terra nelle campagne italiane dell’Ottocento, di quella “classe oggetto” come l’ha definita il sociologo francese Pierre Boudieu per indicare la subalternità di quegli individui nella storia europea dei secoli scorsi?
Lo storico Adriano Prosperi, Professore Emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa, venerdi 27 settembre ha tenuto presso l’aula gamma del Liceo Salutati una conferenza sul suo ultimo libro “Un volgo disperso. Contadini dell’Ottocento” (Einaudi, 2019),
Nel volume Prosperi studia con rigore metodologico e con spirito civile ciò che la storiografia sull’Ottocento ha trascurato: non le riforme agrarie, non il quadro tecnologico e economico, non il contributo politico al Risorgimento, ma gli esseri umani. Partendo dal principio metodologico di cercare di spiegare i motivi di un fatto che è accaduto, in questo caso il silenzio intorno alla categoria dei contadini, ricostruisce le condizioni delle masse povere d’Italia tra l’età napoleonica e la Prima Guerra Mondiale, attraverso le sole fonti che permettono di intravederle: le relazioni di parroci di campagna e di medici condotti, le due categorie che sono entrate in rapporto diretto con i contadini e che hanno quindi raccontato le loro condizioni.
Attraverso testi e statistiche, emerge un quadro estremamente desolante delle masse contadine che evidenzia la loro malnutrizione, il lavoro “dall’alba al tramonto”, le precarie condizioni igieniche: una sconcertante realtà che toglie questa classe sociale dall’emarginazione della storia che fino ad ora sembrava averla di fatto “cancellata” (parola che ricorre più volte nel libro).
Accanto al quadro degli studi medici e scientifici, affiora la cecità della letteratura, persino di quella cosiddetta popolare, e dell’arte, che sul mondo contadino producono invece rappresentazioni oleografiche e idealizzate, oppure visioni dall’alto, come di separata specie, quando, raramente, volgono lo sguardo sui lavoratori della terra – con rarissime eccezioni, come il Manzoni da cui Prosperi mutua il titolo, o alcuni versi di Leopardi.
Con il suo lavoro Prosperi, dinanzi all’universo del dimenticato, ha dato voce ad un mondo che è scomparso, ad individui che nel silenzio generale hanno contribuito a costruire il futuro: ha di fatto dato voce al passato.